In questi 20 anni, abbiamo avuto il privilegio di entrare in punta di piedi in un altro luogo “sacro”, abitato da esseri molto speciali con uno raro super potere, quello di sembrare sempre addormentati ma senza esserlo.
Quando entravamo nelle loro stanze, c’era chi ti osservava con grandi occhi quasi sempre azzurri o verdi, chi sorrideva e rispondeva spostando lo sguardo a destra o a sinistra a seconda che volesse annuire o dissentire, c’era chi restava impassibile ad ogni input o stimolo o per lo meno così ti voleva far credere. C’erano gli amanti della musica a cui bastava mettere un paio di cuffie con la loro canzone preferita per far riaffiorare emozioni a fior di pelle.
Avevano mani gelide oppure bollenti, capelli ben curati e pettinati e vestiti quasi sempre profumati di ammorbidente.
Amavo tantissimo trascorrere i sabati o le domeniche pomeriggio in loro compagnia.
Due ore passeggiando nel silenzio di quelle camere erano come un viaggio intorno al mondo alla fine del quale le mie tasche erano piene di vita e il mio cuore di emozioni.
Paradossalmente loro, gli abitanti del villaggio degli stati vegetativi, erano i miei pazienti preferiti dove tutto poteva succedere ed anche il minimo gesto era il dono più grande che mi potessero fare.
Loro, i diversi forse per eccellenza, sono stati per me dei maestri preziosi che hanno nutrito la mia anima di giovane claun.
Uno ad uno per sempre nel mio cuore, tra una lacrima ed un sorriso.
Loro, piccoli ed innocenti proprio come dei bambini.
“Sono solo stasera senza di te
Mi hai lasciato da solo davanti al cielo
E non so leggere vienimi a prendere
Mi riconosci ho un mantello fatto di stracci
Sono solo stasera senza di te
Mi hai lasciato da solo davanti a scuola
Mi vien da piangere
Arriva subito
Mi riconosci ho le scarpe piene di passi
La faccia piena di schiaffi
Il cuore pieno di battiti
E gli occhi pieni di te”